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Dolore cronico, una sfida multidisciplinare
Far emergere la prospettiva multidisciplinare sulla gestione del dolore è stato il focus della seconda edizione del Mediterranean Pain Forum che si è svolto a Cefalù ad inizio maggio. L’occasione è stata motivo di approfondimento e condivisione delle ultime frontiere nella gestione del dolore cronico, una malattia fortemente invalidante di cui soffre una persona su quattro in Italia.
La gestione multidisciplinare del dolore
A coordinare i lavori sono stati Giuliano Lo Bianco, responsabile U.O. Analgesia e Chirurgia percutanea della colonna presso Fondazione Istituto Giglio di Cefalù e Michael Schatman della NYU Grossman School of Medicine di New York.
Entrambi hanno puntato a far emergere la prospettiva multidisciplinare sulla gestione del dolore, unendo approcci bio-psico-sociali e tecnologie avanzate. Spiega Lo Bianco:
Non è stato solo un congresso, ma un’occasione per connettersi con leader del settore, acquisire nuove competenze e contribuire all’innovazione. Il supporto del World Institute of Pain ne ha sottolineato l’importanza e la credibilità nell’ambito medico internazionale. La platea, numerosissima, era composta sia da medici specialisti sia da specializzandi e da studenti ed anche da infermieri e da fisioterapisti. Gli argomenti che sono stati trattati durante il Congresso erano prettamente legati al dolore cronico e al dolore neuropatico, sia di origine oncologica, ma anche, soprattutto, di origine non oncologica benigna, quindi tutti i dolori di tipo neuropatico, come ad esempio le lombosciatalgie, le ernie del disco o stenosi del canale lombare o ancora, in generale, i dolori neuropatici come la nevralgia post erpetica.”
“Una considerazione riguardo alla definizione di dolore cronico – aggiunge Lo Bianco – che in alcuni casi è stata fatta da un punto di vista temporale, ovvero da tre a sei mesi, in realtà, il dolore cronico deve essere considerato come un concetto di malattia ovvero, quando esiste un danno di conduzione o di propagazione di percezione del dolore. In questo caso il dolore è malattia nella malattia”.
Il dolore cronico come problema sociale
Sebastiano Mercadante, responsabile del dipartimento di cure palliative del La Maddalena di Palermo e professore aggiunto all’Università di Houston, MD Anderson, precisa:
Il dolore cronico è anche un problema sociale di importanza fondamentale nel mondo sanitario di oggi perché comporta l’interessamento di milioni di persone. Si stima infatti che di dolore cronico soffra il 10-20% della popolazione residente in Italia. Quindi l’interesse sociale è evidente, perché avere dolore cronico significa anche abbandonare il lavoro o prendersi congedi; significa, naturalmente, ridurre la qualità di vita, perché il dolore limita funzioni vitali
Intelligenza artificiale per la rappresentazione e valutazione del dolore cronico
Nel corso dell’incontro si è parlato anche dell’innovazione che porta a nuove metodologie di intelligenza artificiali (AI) basate su dati che possono essere impiegati per la valutazione automatica del dolore; metodologie che hanno l’obiettivo di sviluppare strumentazione oggettiva, standardizzata per la valutazione del dolore nei diversi contesti clinici. Chiarisce Lo Bianco:
l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la terapia del dolore può essere pensato nell’ambito della formazione professionale degli specialisti o dei neo-specialisti.Oppure può essere in connessione con i neurostimolatori midollari, inseriti nel canale vertebrale per il rilascio di impulsi elettrici che, colpendo le fibre nervose, inibiscono il segnale del dolore, permettendo di migliorarne l’efficacia e la personalizzazione dei trattamenti. Per esempio uno degli ultimi modelli di stimolatore midollare ha al suo interno un sistema di intelligenza artificiale che permette di modificare in maniera costante le forme d’onda di andata e di ritorno, per regolare e personalizzare la stimolazione”.
Terapie convergenti per trattare il dolore
“Tuttavia, continua Lo Bianco, trattare il dolore cronico rimane una sfida importante. Non è facile trattare il dolore cronico proprio perché c’è un danno del sistema di conduzione della via del dolore. Per questo motivo, tutti gli sforzi devono essere portati avanti: trattamenti farmacologici misti a trattamenti infiltrativi o di tecniche mininvasive o anche la neurostimolazione midollare”
“Tutte quante queste terapie devono convergere verso il trattamento e la riduzione del dolore. Ciononostante, non sempre abbiamo una riduzione del dolore al 100% con i trattamenti farmacologici, come non sempre abbiamo una riduzione del dolore al 100% con i sistemi di neurostimolazione midollare. Quindi, conclude Giuliano Lo Bianco, l’approccio deve essere personalizzato: in alcuni pazientil e alte dosi di oppiacei possono essere ridotte con la stimolazione midollare o con altre tecniche, ma i farmaci per il dolore neuropatico possono essere continuati se l’efficacia della neurostimolazione non è sufficiente”.
(Silvia Pogliaghi)