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Cura del dolore, ancora troppe carenze nell’assistenza

Una corretta presa in carico del dolore cronico, con reti efficienti ed efficaci, è una questione non solo sanitaria, ma sociale. Maria Caterina Pace, presidente dell’Aisd (Associazione Italiana per lo Studio del Dolore) afferma:

Iil fatto che oggi parliamo ancora di obiettivi della legge 38 e non di risultati è la riprova che questa legge non ha mai trovato la sua piena attuazione, che le sue intenzioni in buona parte sono rimaste ferme al punto di partenza, senza riuscire a esprimere il proprio potenziale. Questo – continua – ha un impatto drammatico sui pazienti (e sulle loro famiglie) che continuano a vivere nel dolore, senza essere ascoltati, senza essere curati e nel 37% dei casi senza una diagnosi”.

Dare piena attuazione alle reti regionali per la cura del dolore

Una risorsa importante sono le reti regionali, “che hanno lo scopo di efficientare la comunicazione tra cittadino e medico, e tra ospedale e territorio- ricorda Pace – operano a macchia di leopardo non solo tra le Regioni, ma anche all’interno di una stessa Regione. Dare piena attuazione a queste reti, riportare la cura del dolore al centro dell’agenda di governo e implementare l’informazione tra i cittadini è per noi prioritario”.

Sono 13 milioni gli italiani che soffrono di una forma di dolore e la legge 38/2020 che tutela il diritto alla cura del dolore sembrava aver raccolto le istanze provenienti da istituzioni e cittadini in merito alla differenza tra cura della forma cronica e le cure palliative con l’ideazione di reti che garantissero un’applicazione uniforme ed efficiente delle terapie del dolore. Tuttavia, una recente survey promossa dall’Aisd ha messo in luce che il 74% dei cittadini italiani non è a conoscenza di questa legge. E non è tutto: la cura del dolore continua ad essere una grande assente dall’agenda delle istituzioni, dal DM 71 al Pnrr.

Pazienti poco ascoltati e dolore sottostimato

Tiziana Nicoletti, responsabile Coordinamento Associazione Malati Cronici per Cittadinanzattiva sottolinea:

i pazienti non si sentono ascoltati, non trovano comprensione del loro dolore che anzi nella maggior parte dei casi è sottostimato. Inoltre, a causa di un gap di comunicazione profondo tra medico e pazienti, questi ultimi non conoscono i centri sul territorio che possono prenderli in carico, né le modalità con cui questa presa in carico debba avvenire.

“È importante considerare – conclude Nicoletti – che il paziente che non cura il dolore ha anche dei costi indiretti perché, per dirne una, è un paziente che non può recarsi a lavoro. È importante ripensare l’assistenza al dolore dalle fondamenta, prevedendo una valutazione di questo anche in fase di triage per chi giunge in Pronto Soccorso”.