Una survey delle associazioni dei malati fa il punto della situazione

Indagare i fabbisogni, le difficoltà e le preoccupazioni dei pazienti reumatologici e dei loro caregiver durante la pandemia. Era questo l’obiettivo di una survey condotta nei mesi scorsi, su iniziativa dell’Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus (ANMAR) – e dell’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMARR).

Stando ai risultati, i problemi dei malati si concentrano in primo luogo sull’accesso ai farmaci e alle terapie: il 22% dei 1.870 soggetti interpellati ha dovuto sospendere il farmaco e il 74% ha subito la cancellazione o sospensione delle visite ambulatoriali in presenza. Difficoltà sono emerse anche nel contatto con i medici: 867 pazienti hanno interagito telefonicamente o via sms/whatsapp/email. Solo 16 pazienti hanno dichiarato di aver utilizzato sistemi di telemedicina personalizzati o di videochiamata.

“Sia nella prima fase di emergenza che nuovamente a partire da ottobre stiamo affrontando grandi criticità nella gestione dei nostri pazienti ed è ormai necessario, e a volte anche imprescindibile, utilizzare nuovi mezzi telematici – sottolinea Roberto Gerli, presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR) – Si tratta di una necessità che va al di là dell’emergenza legata all’attuale pandemia, in quanto le nuove tecnologie rappresentano un modello assistenziale innovativo e sempre più incentrato sul cittadino. La telemedicina può contribuire e favorire una profonda riorganizzazione dell’assistenza sanitaria reumatologica e soprattutto facilitare l’accesso alle prestazioni sanitarie in tutta la penisola”.

Grande impegno è stato profuso anche dalle associazioni dei malati.

“Durante la prima fase della pandemia, le associazioni hanno dovuto dare risposte adeguate alle criticità evidenziate dai pazienti cronici che erano stati messi in secondo piano e talvolta lasciati totalmente senza supporto – ha spiegato Silvia Tonolo, presidente di ANMAR – A distanza di qualche mese, ma ancora nel clou della seconda fase pandemica, abbiamo voluto verificare in modo più obiettivo e scientifico, grazie alla collaborazione dell’ISS, quali esigenze e difficoltà siano emerse tra i pazienti, che purtroppo spesso sono ricorsi all’autogestione, per poter delineare un nuovo modello assistenziale”.