L’attività della malattia durante la gravidanza sembra rimanere stabile nella maggior parte delle donne affette da artrite reumatoide (AR) o spondiloartrite (SpA), sebbene si verifichino ancora ricadute che richiedono l’intensificazione del trattamento, secondo i risultati di uno studio pubblicato su “BMC Rheumatology”.
Si tratta di una coorte osservazionale multicentrica francese in cui, dal 2014 al 2022, sono state arruolate donne in gravidanza con AR o SpA; nell’analisi sono state incluse le pazienti che hanno effettuato almeno due visite prenatali (di cui una nel primo trimestre). La ricaduta della malattia è stata definita come intensificazione del trattamento (inizio o cambio di un DMARD) o aumento dei punteggi di attività della malattia (DAS28-CRP per i pazienti con AR; ASDAS-CRP e/o BASDAI per i pazienti con SpA).
Delle 124 donne in gravidanza incluse, 53 erano affette da AR e 71 da SpA. Un totale di 18 (35%) AR e 44 (62%) SpA hanno ricevuto un inibitore del TNF durante la gravidanza. A livello di gruppo, gli indici di attività della malattia sono rimasti stabili nel 1°, 2° e 3° trimestre di gravidanza. La ricaduta della malattia durante la gravidanza si è verificata in 17 (32%) pazienti con AR e 28 (39%) con SpA, di cui 30 (24%) hanno richiesto un’intensificazione del trattamento.
Dall’analisi multivariata, è emerso che i fattori associati alla ricaduta della malattia erano la nulliparità (odds ratio, OR: 6,5; IC al 95%: 1,1-37,9) e una riacutizzazione della malattia nei 12 mesi precedenti il concepimento (OR: 8,2; IC al 95%: 1,6-42,7) per le pazienti con AR e una storia di uso di bDMARD (OR: 5,4; IC al 95%: 1,1-27,3) per le pazienti con SpA.