Lupus

Lupus Eritematoso, i campanelli di allarme da non sottovalutare

Manifestazioni articolari, come dolore agli arti, artriti, a livello cutaneo, tra cui vari rush cutanei compreso la tipica manifestazione a farfalla sul viso che si presenta nella zona delle guance, e a livello ematologico, come la riduzione dei globuli bianchi (leucopenia e piastrinopenia). Sono i campanelli d’allarme che possono far sospettare che un paziente sia affetto Lupus Eritematoso Sistemico (LES), individuati da una ricerca sui pazienti con recente insorgenza della malattia, che ha coinvolto più centri italiani specializzati nel trattamento della malattia.

Gian Domenico Sebastiani, Direttore della UOC Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Rom, coordinatore della ricerca, ha dichiarato: “Una diagnosi precoce è importante, perché ci permette di intervenire quanto prima sulla malattia. Per far sì che ciò accada, occorre migliorare il dialogo con il medico di medicina generale e sensibilizzare sui campanelli di allarme. Agire tempestivamente vuole anche dire migliorare la qualità di vita dei pazienti. Qualità che dagli anni ’50 in avanti è migliorata tantissimo e che oggi possiamo valutare anche con degli indici specifici. Dalle nostre ricerche emerge che a un anno dalla diagnosi, grazie all’efficacia dei farmaci, l’attività di malattia rallenta e la qualità della vita del paziente rimane stabile”.

L’epidemiologia

Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) non è una malattia rara: sono 5 milioni le persone che ne sono affette in tutto il mondo, di cui oltre 60.000 in Italia. Colpisce perlopiù le donne in età fertile, nella fascia di età che va dai 13 ai 55 anni, in un rapporto di 9 a 1 rispetto agli uomini. L’incidenza annuale di questa malattia, in media, è di 80-100 casi per ogni 100.000 abitanti e si può presentare anche in età pediatrica e senile.

La prevenzione

Che tipo di prevenzione si può fare? “Quella primaria non è possibile, perché non esiste un sistema per vedere chi potrebbe manifestare il Lupus. Ma ciò che possiamo fare è la prevenzione secondaria una volta ricevuta la diagnosi – sostiene iSebastiani – Le evidenze ci dicono che la foto-esposizione può esacerbare la malattia, quindi meglio non esporsi nelle ore di maggiore irradiazione degli ultravioletti e usare sempre uno schermo totale. Evitare il fumo di sigaretta, seguire un’alimentazione sana, equilibrata, tenere sotto controllo la pressione arteriosa con regolarità e il colesterolo, perché sappiamo che questa malattia può provocare una aterosclerosi accelerata e aumentare il rischio cardiovascolare. Fare costantemente un’attività fisica adeguata alle proprie esigenze è un’altra buona abitudine da adottare”,