In pazienti affetti da spondiloartrite assiale (axSpA), trattati con secukinumab (SEC) in un contesto di real-world, il raggiungimento di una bassa attività di malattia (LDA) a 6 mesi e la prosecuzione del trattamento a 12 mesi risultano associati a una combinazione di fattori clinici, soggettivi e comportamentali. È quanto si legge nelle conclusioni di uno studio pubblicato sul “Journal of Rheumatology” da Marion Pons, del Copenhagen Center for Arthritis Research (COPECARE), in Danimarca, e colleghi.
Lo studio ha incluso pazienti provenienti da 11 registri europei che avevano iniziato secukinumab nel contesto della pratica clinica routinaria, con disponibilità di dati per la valutazione dell’attività di malattia a 6 mesi mediante gli indici ASDAS-CRP e BASDAI. La coorte analizzata comprendeva un totale di 1.174 pazienti con axSpA. L’analisi statistica è stata condotta tramite modelli di regressione logistica applicati a dati imputati multipli, prendendo in esame variabili predittive di tipo demografico, clinico, comportamentale e soggettivo.
Tra i principali predittori condivisi di risposta favorevole figurano una più alta valutazione globale da parte del medico al basale, l’assenza di fumo attivo, la mancata esposizione pregressa a farmaci biologici o sintetici mirati (b/tsDMARD), nonché punteggi più bassi nei questionari HAQ e BASDAI. Inoltre, il fenotipo radiografico di malattia e livelli basali di PCR ≤10 mg/L si correlano specificamente al raggiungimento di LDA secondo il punteggio ASDAS-CRP, mentre la positività all’antigene HLA-B27 e la presenza di anamnesi psoriasica risultano associati a LDA secondo il BASDAI. L’inizio del trattamento con SEC tra il 2015 e il 2017 si associa a una maggiore probabilità di persistenza terapeutica a 12 mesi.