Qual è il decorso clinico in età adulta della malattia di Behçet (BD) a esordio pediatrico? A questa domanda ha cercato di dar risposta…
Un potenziale bersaglio terapeutico per la sclerodermia
Scoperto il ruolo della molecola HMGB1 nell’insorgenza della malattia
HMGB1 è una sigla che probabilmente non dice nulla alla maggior parte dei medici. Ma presto potrebbe diventare il primo bersaglio farmacologico per la sclerodermia. Uno studio pubblicato sulla rivista “Science Translational Medicine” da un gruppo di ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele guidati da Angelo Manfredi ha infatti scoperto il ruolo di questa molecola nell’insorgenza della malattia, confermando alcuni risultati pionieristici di un altro gruppo di ricerca del San Raffaele guidato da Marco Emilio Bianchi. Rilasciata nel sangue dalle piastrine, HMGB1 infatti innesca una trasformazione del metabolismo delle cellule immunitarie, portandole ad aggredire il tessuto connettivo.
“Come abbiamo dimostrato, sia in vitro sia in un modello animale della malattia, è sufficiente la presenza delle micro-particelle che esprimono questa proteina, raccolte da campioni di sangue dei pazienti, per attivare il sistema immunitario, in particolare i neutrofili, in modo patologico”, spiega Norma Maugeri, prima firmataria del lavoro.
Una volta attivati, i neutrofili rilasciano all’esterno della cellule il contenuto del nucleo, determinando un’infiammazione dei tessuti circostanti. Oltre a ciò, gli autori hanno scoperto che i neutrofili attivati sono insensibili ai segnali di soppressione, e diventano così immortali. Infine, al processo infiammatorio si associa un processo di stimolazione della rigenerazione dei tessuti circostanti, da cui ha origine la fibrosi.
“Future ricerche dovranno confermare ed espandere questi risultati, ma abbiamo ragione di ipotizzare che la presenza fuori dalle cellule di quantità eccessive di HMGB1 possa essere la prima responsabile del danneggiamento dei vasi e della fibrosi dei tessuti connettivi, e quindi dell’innesco della malattia”, hanno aggiunto i ricercatori.