Una campagna per sensibilizzare sui rischi della fragilità ossea

È partita “Stop alle fratture” con il supporto delle società scientifiche coinvolte

25mila fratture al giorno, cioè circa 9 milioni ogni anno, a carico di femore, polso e vertebre. Sono queste le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità che danno un quadro allarmante dell’incidenza dell’osteoporosi, patologia che resta sottostimata e sottodiagnosticata, nonostante le numerose iniziative di sensibilizzazione del grande pubblico e della classe medica.

In occasione della Giornata mondiale dell’Osteoporosi 2018 (20 ottobre) si è rinnovata l’iniziativa educazionale “Stop alle fratture”, grazie al supporto incondizionato di Ely Lilly Italia, e al coinvolgimento di SIOMMMS, SIOT, SIR, ORTOMED, GISOOS e GISMO.

Scopo dichiarato di “Stop alle fratture” è d’informare la popolazione degli over50, non solo di sesso femminile, sulle possibili conseguenze della fragilità ossea, in modo che possano intervenire tempestivamente. Sul sito www.stopallefratture.it è disponibile il test online DeFra79 basato sulla nuova Nota 79 dell’AIFA, che permette un’autovalutazione del rischio individuale di fratturarsi nei prossimi 10 anni (il punteggio prevede una stratificazione del rischio su cinque livelli: basso, medio, elevato e molto elevato). I soggetti ad alto rischio possono rivolgersi al medico di famiglia o a uno specialista, per poi eventualmente afferire a centri di riferimento per il trattamento dell’osteoporosi severa su tutto il territorio nazionale.

“Studi internazionali recenti hanno dimostrato che se il paziente non ha una corretta percezione del proprio rischio di frattura, l’avvio e l’aderenza alla terapia sono compromesse, aumentando il pericolo di incorrere in uno di questi infausti eventi”, ha spiegato in occasione della presentazione del progetto Maurizio Rossini, direttore della Scuola di specializzazione in Reumatologia dell’Università di Verona e dell’UOC di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. “Molti pazienti, infatti, non hanno chiari quali sono i fattori di rischio e il peso che ognuno di questi ha”.